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Saper parlare e saper pensare

"Chi parla male pensa male", dice Nanni Moretti in un suo film. "Sapere è potere", scriveva Gramsci. Ma un popolo con poche competenze linguistiche, cioè che non sa leggere e comprendere frasi complesse, fa molto comodo al potere. Molto.

L'altro giorno ho sentito in TV un commento di un giornalista sportivo, riferito a un'atleta che ha vinto una gara alle Olimpiadi: "È molto 'confident', come dicono gli americani".

Per fortuna, ha evitato di dire che era "molto confidente" (della polizia cinese?); ma un piccolo sforzo di traduzione poteva farlo, visto che "confident" non è certo uno di quei termini "intraducibili".

"Un'atleta molto sicura di sé" sarebbe stata la frase corretta. È chiedere troppo a un giornalista della RAI?

O forse il problema è che, quella stessa tv che negli anni '50 e '60 ha insegnato l'italiano a milioni di cittadini non scolarizzati,  negli ultimi anni, fra tg infarciti di dichiarazioni di politici e reality dove la proprietà di linguaggio è bandita, sta abituando milioni di cittadini scolarizzati e anche laureati a una tale pigrizia mentale che non viene più neanche in mente l'idea di aprire un vocabolario, cercare di parlare correttamente, cercare di capire il senso delle parole.

"Chi parla male pensa male", dice Nanni Moretti in un suo film. "Sapere è potere", scriveva Gramsci. Ma un popolo con poche competenze linguistiche, che si interessa solo di gossip e reality show, fa molto comodo al potere. Molto.

Il mio amico Marco Travaglio, in un suo articolo di qualche giorno fa sull'Unità, afferma che basta leggere le sentenze per capire se una persona è stata ritenuta colpevole o innocente. Già, basterebbe leggere: se ci fosse, da un lato, la volontà di impegnare tante risorse in un'attività così impegnativa, e, dall'altro, la capacità di comprendere frasi complesse. Al di là dell'ironia sulle fatica di leggere, ho davvero dei dubbi che la maggior parte degli italiani adulti e scolarizzati siano ormai capaci di leggere e capire delle sentenze, caratterizzate da frasi subordinate, periodi ipotetici, terminologia appropriata, verbi correttamente coniugati al condizionale o al congiuntivo, costruzioni linguistiche non semplici e piane, atte a raccontare una realtà che piana e semplice non è.

Mentre agli italiani, Berlusconi docet, bisogna parlare come si parla ai bambini, "semplice semplice".